(Reggio Calabria, 15 agosto 1877 – Napoli, 16 novembre 1959)
Figlio di un severo piccolo armatore calabrese fu destinato a soli undici anni a imbarcarsi come mozzo, a causa del suo scarso rendimento scolastico. Fece carriera fino a conseguire il grado di capitano, ma senza ancora manifestare alcuna propensione per l’arte. Una sera, dopo aver assistito a una rappresentazione del “Faust”, colpito dall'attore che interpretava Mefistofele, provò a riprodurne le sembianze con la creta. Il risultato fu eccellente tanto che lo scultore Scerbo, che lo vide, convinse Gatto a frequentare le sue lezioni alla Scuola di Arti e Mestieri di Reggio Calabria e del quale divenne il collaboratore prediletto. Nel 1898 Gatto abbandonò per sempre la carriera di marinaio e, trasferitosi a Napoli, cominciò a frequentare l’Istituto di Belle Arti e fu allievo del famoso scultore verista Achille D’Orsi.
Orientato verso la rappresentazione del mondo popolare, grazie a una frequentazione assidua del Museo archeologico di Napoli, sviluppò un interesse per la scultura antica che negli anni influenzò anche la sua produzione (ai temi mitologici seppe dare una versione stilisticamente impeccabile, delicatissima, piena di tensione). Nel 1905 scolpì una testina in bronzo, “La napolitana”. Vinse numerosi premi durante gli studi e nel 1906 partecipò al Salone di Parigi dove espose Testa di zingara, acquistato poi dalla Galleria Napoletana d'Arte Moderna e incluso nelle raccolte dell'Accademia di Belle Arti di Napoli. Nello stesso anno nacque il figlio Nicola, che gli ispirò una serie di ritratti di bambino, tra cui “Putto che piange,” noti anche all'estero. Nel 1907 l’artista partecipò alla “Promotrice Napoletana” e vinse con l’opera in marmo “Giosuè Carducci”. Nel 1909 fu tra gli organizzatori della “Prima Esposizione Giovanile d’Arte” che si svolse in una sala in via Filangieri. Alla mostra, che voleva essere il contraltare della storica “Promotrice Salvator Rosa”, parteciparono numerosi artisti (tra cui Eugenio Viti e Felice Casorati). Nel 1911 ottenne la medaglia di bronzo all'Esposizione Internazionale d'Arte di Barcellona con la scultura “Putto che ride”. Nel 1913 propose una seconda edizione dell’ “Esposizione Giovanile d’Arte” e lanciò il “Gruppo dei Ventitré Secessionisti”. Come sottolineava il critico Paolo Ricci, che accusava la critica italiana di non aver avuto modo di accorgersi della potente personalità di Gatto”, egli fu l’animatore con Luigi Crisconio di una “dura battaglia per il rinnovamento delle arti a Napoli e per la moralizzazione del costume degli artisti”.
Scelto come restauratore di fiducia della Soprintendenza, nel 1940, intervenne sul gruppo della Pietà di Guido Mazzoni nella chiesa di S. Anna dei Lombardi. Dal 1944 fu tra i soci ordinari della ricostituita Accademia Pontaniana di Napoli e nel 1950 fu accolto tra i membri della Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti. Nel 1957 allestì una personale nella sede della Promotrice Salvator Rosa - della quale era stato nominato vicepresidente - dove, accanto a opere celebri, quali il ritratto di Raffaele Viviani, fu esposto Lo scugnizzo delle Quattro giornate.