Oliveto

Oliveto di Paolo Prisciandaro

Paolo Prisciandaro

(Terlizzi 1874 – Napoli, 1946)

Figlio d’arte, ereditò dai suoi antenati anche una spiccata passione politica (nel 1895 era stato inserito come socialista nel Casellario Politico Centrale) che influenzò la sua fama pure dopo la morte. L’artista pugliese si formò a Napoli, all’Accademia di Belle Arti e fu allievo di Morelli, Palizzi, Mancini, Gemito. Fu tra i frequentatori della Scuola di Decorazione di Ignazio Perricci e della Libera Scuola di Disegno di Gioacchino Toma. Conseguì l’abilitazione ministeriale all’insegnamento, ma fu principalmente pittore, decoratore e restauratore. Partecipò, infatti, alla ricostruzione delle cattedrali di Reggio Calabria e di Messina, che erano state distrutte dal terremoto del 1908 e, a Napoli, al restauro di San Nicola alla Carità e del Gesù Vecchio.

Prisciandaro non fu solo artista: nel 1906 fondò e diresse a Trani la rivista “Quartiere Latino”. Allo “scapigliato poeta del pennello” s’ispirò Libero Bovio per il personaggio del pittore giramondo nella commedia “Vincenzella”, per la cui rappresentazione Prisciandaro fu ingaggiato come scenografo. L’esperienza napoletana non gli fece dimenticare la terra natìa dove spesso tornò, ma è a Napoli che fu tra i protagonisti dell'esperienza bohémienne del Quartiere latino ideato dal pittore Giuseppe Uva (link alla scheda di Giuseppe Uva), insieme con Alberto Buonoconto, Saverio Gatto, Biagio Mercadante, Vincenzo Ciardo, Carlo Striccoli, Giuseppe Rispoli, Antonio Bresciani, Ettore Lalli e il critico d'arte e pittore Alfredo Schettini, che così descrisse l’amico: “un personaggio tra Bergerac e il murgeriano «Marcello»; il lungo naso, il pizzetto, la pipa, il cappello a larghe tese, la cravatta nera da anarchico. Dipingeva fiori ed era un tipo loquace e allegro”.

Qualche anno dopo egli stesso, parlando di sé in terza persona dalle pagine del “Conte Pietro” di Trani, si paragonava al personaggio della commedia “Scènes de la vie de Bohème” di Henri Murger: “Lingua pronta, mano maestra, animo ardente. Pensa bene, dipinge meglio, opera pessimamente. Per lo stato civile è Paolo Prisciandaro. Per tutti è Marcello”. Accusato di aver manifestato contro l’inizio della prima guerra mondiale, fu difeso dall’avvocato Corso Bovio, suo amico. Coraggioso antifascista (posizione che gli costò la cattedra all’Istituto di Belle Arti di Napoli), nel 1938 fu condannato per motivi politici e imprigionato a Trani, con Sandro Pertini e Umberto Elia Terracini. Grazie all’aiuto di alcuni amici riuscì a lasciare l’Italia e rifugiarsi in Francia dove frequentò Montmartre e dove s’impegnò anche a difendere i perseguitati della Gestapo. Tornò in Italia dopo il 25 luglio 1943 e, a settembre, partecipò alle “Quattro Giornate” di Napoli. Nell’agosto 1944 con altri artisti organizzò la I Mostra dell’Ordine Pittori e Scultori della C.G.I.L. Il 15 maggio 1946 morì.

Gran parte dei documenti che riguardavano la sua vita e la sua attività furono distrutti in un incendio doloso scoppiato presso lo studio dell’onorevole Nicola Salerno, sulle rampe Brancaccio. Alcune sue opere sono conservate nella Pinacoteca Provinciale di Bari.