(Napoli, 24 ottobre 1872 - 26 dicembre 1954)
Contro il parere dei genitori, che lo spingevano a iscriversi alla facoltà di ingegneria, Vincenzo La Bella scelse l'Istituto di Belle Arti di Napoli, dove fu allievo di Gioacchino Toma, Domenico Morelli e Filippo Palizzi. A 23 anni si trasferì a Parigi e, in breve, divenne illustratore della rivista “Le Monde illustré”, incoraggiato dall’artista fiorentino Osvaldo Tofani, che aveva conosciuto nel periodo della leva a Firenze. Questa collaborazione gli fruttò una discreta popolarità tanto che Fortuné Louis Méaulle gli commissionò le illustrazioni per i “Racconti straordinari” di Edgar Allan Poe; un incarico che segnò la sua vita di artista e fece crescere la sua fama di illustratore.
La sua pittura fu tutta improntata anche da uno squisito gusto letterario. A Parigi, La Bella rimase per circa due anni. Quando fece ritorno a Napoli, nel 1897, seguì l’iter della maggior parte degli artisti contemporanei, esponendo le sue opere alla Promotrice Napoletana di Belle Arti Salvator Rosa. Tema ispiratore erano proprio le atmosfere della letteratura di Poe. Famoso pittore, noto soprattutto come ritrattista, per il quale posarono le più belle donne dell’epoca, l’eco del successo raccolto in Francia lo affermò sia come illustratore di copertine di libri sia come collaboratore dei periodici “Italia ride”, “Mezzogiorno artistico”, “Mattino illustrato”, L’“Arte muta”, “Varietas” e del “Roma della domenica”. Vincenzo La Bella fu fra i trentuno artisti che parteciparono al concorso bandito da Alinari per l'illustrazione della Divina Commedia e decorò le case degli amici artisti, tra i quali Raffaele Viviani.
Agli inizi del Novecento si trasferì a New York, per circa un anno, impegnato, anche lì, come illustratore per riviste e giornali. Tornò stabilmente a Napoli nel 1904. Di quel periodo sono andate perdute due opere che aveva realizzato per l’Università Federico II. Si conosce tuttavia il titolo degli affreschi: “Roberto d'Angiò che onora Petrarca” e “La tragica fine di Ipazia”. Nel capoluogo campano frequentò i circoli culturali e lo storico Gambrinus, i cui saloni contribuì ad affrescare. Salvatore Di Giacomo, che si valse di La Bella per le illustrazioni di alcuni suoi libri, gli dedicò un articolo che lo aiutò a farlo conoscere anche in patria. E scrissero di lui anche Ugo Ojetti e Vittorio Pica. Di Edoardo Dalbono, presentatogli da Di Giacomo, La Bella divenne così intimo da finire per chiamare “zio Edoa’ ” l’anziano maestro e “zia Adelì’”, la moglie Adelina che aveva da giovane posato per il primo nudo napoletano. La Bella, colto, arguto e facondo com’era, divenne l’oratore brillante di casa Dalbono, in via Monteoliveto 75, dirimpetto a Palazzo Gravina (link alla storia dell’Emeroteca Tucci) frequentata da Scoppetta, Postiglione, Esposito (Gaetano), Cammarano, Bovio, Guardascione e altri artisti.
Fino al 1943 La Bella aveva collaborato al “Roma della domenica”. Il critico Girace ricordava “quel vecchio signore, dall’aria stanca e dallo sguardo indagatore, di statura media, dignitoso e composto come un professore…Stava lì in attesa, e distrattamente schizzava con segni rapidi e leggeri delle figurine su un pezzo di carta che aveva davanti. Poi improvvisamente si animava, e allora, parlava in fretta, con un eloquio sicuro, ricco di boutade e di ironia, in cui si intuiva una preparazione letteraria e un gusto non comuni. Ma giungeva d’improvviso il redattore capo e lui s’interrompeva di botto. Consegnava il suo disegno e filava via”.