(Napoli, 28 giugno 1881-1952)
Pittore e scenografo italiano, allievo di Michele Cammarano e Vincenzo Volpe, Viti fu, tra le due guerre, esponente di rilievo di quella generazione di naturalisti cui appartennero anche Brancaccio e, in qualche caso, Ciardo; ma della quale non fecero parte pittori come Gennaro Villani, Mario Vittorio, Carlo Striccoli, Antonio Bresciani, Rubens Capaldo, Guido Casciaro, Carlo Verdecchia. Nato a Napoli nel 1881, vincitore del Premio Einaudi per la pittura nel 1950, Viti è tuttora oggetto di studio da parte della critica. Iscrittosi all' Istituto di Belle Arti nel 1894, dal 1919 entrò a far parte del corpo docente. Nel 1940 realizzò la scenografia per due film ("La danza dei milioni" e "Donna perduta"), mentre nel 1944 fu tra i fondatori della “Libera Associazione degli Artisti Napoletani”. Fu promotore della "Secessione dei 23" e la sua attività si divise tra la decorazione, la pittura religiosa e quella sperimentale. Vicino anche all'esperienza futurista, nella prima metà del XX secolo, espose sia in Italia (Quadriennali romane, Biennali veneziane, personali alla "Pesaro", alla "Vinciana" di Milano, al Circolo Artistico Politecnico di Napoli) sia all'estero.
“Rivestì - osserva il critico Gino Grassi - un proprio originale e importante ruolo nella battaglia contro un certo conformismo pittorico che centrava ancora il proprio discorso sugli aspetti epidermici di una realtà che, pur sottoposta a un’azione sconvolgente da parte degli avvenimenti, era da molti considerata immutabile”. Artista vigile e consapevole, di acuta tensione morale, “Viti avvertì (come Crisconio, anche se in modo diverso) che la pittura di mari e pescatorelli, se faceva la gioia di una piccola borghesia velleitaria e priva di ogni prospettiva storica, non si identificava più nel modo di sentire di un popolo uscito trasformato dall’esperienza della guerra”. Altri critici osservano che nella sua pittura domina la luce che batte sui paesaggi, scavando ombre profonde e investe con violenza caravaggesca i volti dei suoi personaggi “quegli enigmatici volti femminili, vere e proprie maschere, che nella loro fissità rivelano un’oscura inquietudine. Il colore qualche volta non ha il tempo di maturare e si affida alla tela perfino acerbo”. Fu uno degli esponenti del Movimento dei Ventitré e quindi del Secessionismo napoletano, perché a Roma ebbe modo di entrare in contatto con i secessionisti viennesi.
Pittore drammatico e inquieto, Viti fu nella vita un uomo riservato, chiuso, che si esprimeva a monosillabi, con frasi secche e perentorie. Piccolo di statura, tutto nervi e impeto, ma all’apparenza mite, egli tentò di reinventare la tradizione pittorica napoletana attraverso la sua sensibilità di artista moderno. Per questo “Busto di donna” posò sua moglie e non la sua tradizionale modella polacca Lodoviska. Viti morì nel 1952 a Napoli. Aveva 71 anni.